Sul salario orario minimo

 
Il salario minimo è la paga, generalmente oraria, sotto la quale la retribuzione di un lavoratore non può scendere, ed è l'argomento di cui ci occupiamo in quest'articolo non va confuso col “reddito di cittadinanza”, che consiste in una cifra di denaro uguale per tutti i cittadini indipendentemente se lavorano o no; e nemmeno col “reddito minimo garantito”, che prevede un sussidio per tutti coloro che sono in età lavorativa e non hanno trovato o hanno perso il lavoro, o sono precariamente occupati.
L'Italia è uno dei pochi paesi dove il salario minimo non esiste e fino a ora l'argomento solo raramente ha assunto l'”onore” delle cronache. Ultimamente se ne è parlato in relazione al referendum che si è svolto in Svizzera e alla formazione dell'attuale governo della Merkel. Anche se diversi movimenti, specie precari, ne parlano da anni, nel 2009 è stata presentata una legge di iniziativa popolare.
 
Il salario minimo nel mondo
Nella Confederazione elvetica alcuni sindacati e partiti politici avevano proposto una paga oraria minima di 22 franchi svizzeri pari a oltre 18 euro lordi l'ora per un mensile di circa 3.200 euro. L'introduzione del salario minimo è stato bocciata: nonostante il carissimo costo della vita elvetico, la cifra proposta ci fa capire come i salari in Italia, specie quelli più bassi, siano veramente inaccettabili e si trovino agli ultimi posti in Europa. Un Paese dove invece entrerà in vigore, ma solo dal 2015, a 8,50 euro l'ora, è la Germania. Questo è il frutto dell'accordo tra i maggiori partiti tedeschi, i socialdemocratici della SPD e la Cdu/Csu della Merkel. La Confindustria tedesca ha però ottenuto una lunga serie di eccezioni: non sarà applicato ai disoccupati di lunga durata, a chi ha meno di 18 anni e agli apprendisti, ai lavoratori stagionali, a chi distribuisce giornali, a chi fa un tirocinio obbligatorio.
Sono comunque tanti i Paesi in cui vige il salario minimo, ovviamente con cifre diverse ma anche con sistemi di calcolo differenti a seconda degli Stati. Il più alto è in Lussemburgo con 11 euro l'ora, in Francia 9,53, nel Regno Unito 8 euro ma sopra i 21 anni, paghe minori per i più giovani, 9,46 in Australia. Cifre nettamente minori negli Usa con 5,38 euro l'ora, in Spagna con 2,40 euro, il più basso di tutti in Bulgaria con 90 centesimi sempre intesi come lordi. La cifra è importante ma non bisogna dimenticare anche il contesto; ad esempio negli Stati Uniti la contrattazione collettiva, sopratutto a livello nazionale, è quasi inesistente, ed è generalmente debole in tutti i paesi anglosassoni, quindi ci sono pochi altri metodi per pattuire un salario. E invece più efficace nei paesi europei, a partire da quello economicamente più forte, la Germania. In Francia molte regole del lavoro, salari e orari compresi, sono stabilite per legge, che seguono le vicende sociali. Ad esempio è legge l'orario di 35 ore ma è anche vero che la legislazione negli ultimi anni, seguendo il generale attacco alle condizioni dei lavoratori, ha preso una piega peggiorativa.
 
La situazione italiana
L'Italia entra a tutti gli effetti tra i Paesi dove è la contrattazione collettiva a stabilire l'entità dei salari attraverso i Contratti nazionali di categoria (CCNL), integrati da quelli aziendali, almeno nelle aziende più grandi. Potremmo dire che in Italia il salario minimo è sostituito dal minimo sindacale inserito nel CCNL, differenziato per ogni categoria. La deregolamentazione del mercato del lavoro però crea sempre più interi settori di lavoratori non coperti (ad esempio pensiamo ai lavoratori a progetto) e inoltre ci sono sempre più aziende come la Fiat che non riconoscono la contrattazione nazionale.
Storicamente i maggiori sindacati italiani – Cgil, Cisl e Uil - sono sempre stati contrari a una legge sul salario minimo, le motivazioni sono molteplici: la contrattazione collettiva tra le “parti sociali” viene comunque considerata come la più “giusta” ed efficace. Poi ci sono i timori che i sindacati vengano espropriati del loro ruolo di rappresentanza, magari attraverso un rapporto diretto tra governo e lavoratori, come ha fatto ad esempio Renzi elargendo l'elemosina di 80 euro con piglio presidenzialista e senza consultare i sindacati. Il segretario della Cisl Bonanni afferma che il ”salario minimo fissato dallo stato esisteva in URSS”. Secondo la Cisl spingerebbe tutte le retribuzioni al ribasso e farebbe fiorire tanti contratti aziendali a discapito di quelli nazionali e di conseguenza anche lo spezzettamento dei sindacati e la nascita di una miriade di organizzazioni aziendali.
Stessa posizione assume la Uil e la maggioranza della Cgil, favorevole invece la minoranza che si riconosce nella rete 28 Aprile e i sindacati non confederali. Anche da sinistra non mancano critiche, si accusa il salario minimo di legalizzare il supersfruttamento e il lavoro nero. Sono tutti dubbi che hanno un qualche fondamento, accresciuti dal fatto che anche il Jobs Act di Renzi accenna, seppur vagamente, al salario minimo orario per legge e il ministro dell'economia Morando ne ha recentemente parlato con favore.
 
Salario minimo come tutela aggiuntiva
Tuttavia questi timori non mettono in dubbio il fatto che il salario minimo orario per legge possa mettere un limite alle paghe da fame che interessano settori sempre più ampi di lavoratori. Le statistiche calcolano nel 13% la percentuale dei lavoratori non coperti dalla contrattazione collettiva. Ma ci sono anche contratti come quelli delle collaboratrici domestiche che con un salario minimo degno di questo nome sarebbero già al di sotto e fuorilegge. Per questo noi marxisti-leninisti ci esprimiamo a favore di un salario minimo pur consapevoli che questo non vuol dire per i lavoratori percepire un salario “giusto”. Il capitalista non potrà mai rinunciare alla quota di plusvalore garantitogli dalla forza-lavoro, nemmeno sui salari più alti, figuriamoci su quelli minimi.
Per noi lo scopo deve essere quello d'impedire che in certi ambiti di lavoro, generalmente quelli meno qualificati, dove sono impiegati spesso giovani, donne e immigrati possano tranquillamente esistere dei salari inaccettabili. Com'è evidente a tutti la precarietà, la crisi, la liberalizzazione del “mercato del lavoro”, il proliferare di contratti atipici, basti pensare ai soci lavoratori delle finte cooperative, stanno creando una situazione nuova con salari pochi anni fa impensabili a cui bisogna mettere un freno al loro ribasso. Sicuramente il governo non la vede in questo modo. La proposta del ministro Morando intende il salario minimo come sostituto del contratto nazionale, saltando alla contrattazione aziendale dove con l'articolo 8 si può derogare non solo gli accordi nazionali ma anche la legge.
Il PMLI intende il salario minimo regolato per legge una tutela aggiuntiva, da sommare alla centralità del contratto nazionale e non in sua sostituzione, più la contrattazione di secondo livello (aziendale), non intendiamo copiare modelli anglosassoni o di altri Paesi. Pure la sua monetarizzazione è importante perché una cifra tipo quella spagnola (2/3 euro lordi l'ora) non servirebbe a nulla perché già al di sotto di qualsiasi basso salario. Inevitabilmente deve essere adeguato annualmente al costo della vita altrimenti è inefficace. Deve essere esteso a tutte le categorie di lavoratori e tipologie contrattuali, pubbliche e private, perché se si fanno eccezioni alla fine proprio coloro che hanno più bisogno del salario minimo rimarrebbero nuovamente e beffardamente esclusi. Nessun contratto di lavoro può essere stipulato con una retribuzione inferiore al salario minimo stabilito per legge.
Siamo materialisti e per noi il motore che fa smuovere la società rimane comunque la lotta di classe. Se la classe operaia è consapevole della propria forza e lotta con vigore è evidente che il salario subirà un innalzamento. Se invece è sulla difensiva e si trova sotto l'attacco della borghesia, oltretutto in un momento di crisi economica del capitalismo, irrimediabilmente i lavoratori s'impoveriscono e le retribuzioni di tutti, anche quelle medie e “alte”, scivolano verso il basso, come del resto stanno dimostrando i fatti. E questo avviene che ci sia o non ci sia il salario minimo per legge.
 
 

30 luglio 2014